lunedì 26 marzo 2012

Uno di famiglia

Sabato notte è mancato un giocatore di pallavolo.

Si chiamava Vigor Bovolenta, aveva l'età di altropapà. Aveva una moglie, pallavolista pure lei, e quattro figli: il più grande sette anni, le piu piccole uno.

Stava giocando, è andato in battuta ma non è mai riuscito a far volare quella palla oltre la rete. Si è sentito girare la testa, ha chiesto il cambio, si è diretto verso la panchina stringendosi il fianco sinistro e si è accasciato in mezzo al campo, privo di sensi. E non ce l'ha fatta.

Tretasette anni. Di cui ventuno spesi lavorando sodo sottorete.
Uno in particolare, quando aveva ventidue anni, ad Atlanta. Era il 1996, si prese una gomitata scendendo da muro che gli ruppe il setto nasale. Due partite dopo era in campo, con una maschera protettiva prestata da un cestista della nazionale.

In formazione era vicino a Bernardi.

Questi ragazzi che se ne vanno così mi sconvolgono sempre, ma stavolta sono proprio intorpidita. Non che i Simoncelli & co. mi avessero lasciata indifferente, ma lui era un pallavolista.
Per quelli come noi che hanno respirato aria e ginocchiere dall'età di sei anni era uno di famiglia. Perchè se sei pallavolista davvero fai parte di un mondo agonistico tutto particolare, che non ti fa vedere i grandi campioni come se fossero in vetrina, ma te li avvicina come se potessi essere proprio li, a ricevere le loro battute e murare i loro attacchi.

Quindi ciao Bovo, sono contenta che tu non abbia avuto il tempo di renderti conto di cosa stava succedendo durante quel maledetto terzo set. Mi spiace solo non aver avuto partita questo week end, per poter osservare quel minuto di silenzio e inviarti un ennesimo pensiero direttamente da quel campo che amavi così tanto. 

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